Raoul Vaneigem - Lettera di dimissioni
Sabato, 14 novembre 1970
Compagni,
La tendenza che si è costituita, l’11 novembre 1970, nella sezione francese ha il merito di essere l’ultima astrazione a potersi formulare dentro, per, e a nome dell’I.S. Se è vero che il gruppo non è mai stato che la somma delle capacità e delle debolezze, assai disegualmente ripartite, dei suoi membri, non c’è più, nel momento che ci preoccupa, apparente comunità, e neppure tendenza, che faccia dimenticare che ciascuno è solo a rispondere di sé stesso. Come ha potuto ciò che c’era di appassionante nella coscienza di un progetto comune trasformarsi in un malessere a stare insieme? E’ quello che stabiliranno gli storici. Non mi sento né la vocazione di storico, né quella di pensatore, in pensione o no, per divenire un ex combattente. A parte che la facile analisi della scarsa penetrazione della teoria situazionista nell’ambiente operaio e della scarsa penetrazione operaia nell’ambiente situazionista sarebbe in questo istante soltanto un pretesto per la falsa buona coscienza del nostro fallimento.
Ma senza dubbio, per essere infine concreto — poiché non vi è risposta concreta al di fuori della prova che ciascuno dovrà dare di ciò che è realmente —, devo parlare invece del mio fallimento. Per quanto riguarda il passato, ho sempre prestato, molto alla leggera, alla maggior parte dei compagni o degli ex compagni dell’I.S. almeno altrettante capacità e onestà di quante me ne riconoscevo, illudendomi contemporaneamente sugli altri e su me stesso. Mi rendo conto in che misura tale attitudine ha potuto contraddittoriamente suscitare, nell’Internazionale, tattiche manovriere più o meno abili e sempre odiose; e creare nello stesso tempo condizioni per l’ideologia. Detto questo, la storia individuale dei compagni, la mia e la storia collettiva distribuiranno le parti tra i miei errori e le opinioni corrette. (Preciso nondimeno che sputerò in faccia a chiunque, ora e in futuro, scopra in me delle intenzioni segrete, quali che siano, e con quella buona fede critica che si è vista sovente esibire a posteriori.)
Per il presente, mi è sufficiente cinstatare la mia carenza nell’aver fatto progredire un movimento che ho sempre ritenuto la condizione della mia radicalità. Sarebbe disarmare l’ingenuità stessa voler ancora salvare un gruppo per salvarmi quando non ho saputo farne niente di ciò che volevo veramente che fosse. Preferisco dunque riprendere la sfida che la mia adesione all’I.S. aveva differito: perdermi assolutamente o rifare assolutamente la mia coerenza, e rifarla da solo per rifarla con il più grande numero.
Ma prima di lasciare alla rivoluzione la cura di scegliere i suoi, ci tengo da oggi che si applichino nei miei confronti le esigenze che ho formulato sui gruppi autonomi: non riprenderò i contatti con i compagni che lo desidereranno, e che io desidererò rivedere, se non all’interno della riuscita effettiva di un’agitazione rivoluzionaria che il mio gusto del piacere radicale avrà saputo intraprendere.
Se tuttavia la tendenza giudicasse la sua critica sufficiente in sé, senza altra prova, per ricostituire la sezione francese, dovrà immediatamente considerarmi dimissionario, con le conseguenze, che accetto, di non rivederci mai più.
Vaneigem